Tra noi si collocano divinità, coabitando con l’umanità stessa. Non solo sono presenti tra la gente, bensì condividono la loro stessa esistenza – anzi, si rivelano autentici individui umani, affetti da ogni difetto e fragilità possibile. Questo costituiva l’assunto cardine di “Dei Americani” (2001), opera letteraria di Neil Gaiman, la quale ottenne il Premio Nebula e il Premio Hugo nel 2002. Oltre venti anni dopo, il videogioco “Stray Gods: The Roleplaying Musical” abbraccia la medesima premessa fondamentale, imponendola in un contesto urbano fantasy disegnato con maestria, e si avvale di un cast di straordinaria levatura.
Stray Gods trova nella musica la sua radice portante: così, l’azienda Summerfall Studios ha deliberato di accogliere il compositore esperto Austin Wintory (noto per Journey, Abzu e The Pathless) per tessere le intricate armonie che danno forma agli scontri tra Grace e le divinità del pantheon greco durante il corso dell’epica avventura. Tra i talentuosi membri del prestigioso ensemble di doppiatori, molti hanno le loro origini in The Last of Us: spiccano Laura Bailey (nei panni di Grace), Troy Baker (Apollo, in una performance insolitamente misurata rispetto agli elevati standard cui ci ha abituato), Ashley Johnson (Calliope) e Merle Dandridge (Afrodite). Il compito di redigere il testo è stato affidato alla penna di David Gaider, già figura di spicco nella scrittura di vari titoli della serie di videogiochi Dragon Age.
Nella nostra analisi di Stray Gods: The Roleplaying Musical, verificheremo se questo pregiato gruppo di attori è riuscito a infondere vita alle narrazioni di Grace e delle divinità greche.
Gli dei sono tra noi
In un contesto contemporaneo immerso in un mondo fantastico, Stray Gods ci accoglie aprendo le porte a un’avventura che ha inizio con la giovane Grace. Fresca di laurea e alla ricerca della sua strada nel mondo, si trova in una fase di transizione. L’amica Freddie la invita ad unirsi al suo gruppo musicale, mentre audizioni sono in corso per completare la formazione della band. Tuttavia, l’inaspettato prende forma quando una straordinaria cantante fa il suo ingresso: Calliope, una figura enigmatica, si presenta in modo sorprendente. Nella stessa serata, questa ragazza misteriosa fa irruzione nell’abitazione di Grace e Freddie e, in circostanze misteriose, cede il proprio potere a Grace prima di spirare.
La protagonista di Stray Gods si trasforma in una Musa, realizzando che esistono questioni ben più urgenti rispetto al comune dilemma ventennale di trovare il proprio posto nel mondo. In questo frangente, Atena e l’intero pantheon delle divinità greche la mettono di fronte alla sfida di dimostrare la sua innocenza nell’omicidio di Calliope entro una settimana. L’alternativa è un verdetto di morte. Questa nuova prospettiva spinge Grace a esplorare il mondo con una visione rinnovata: quella che gli dei camminano al nostro fianco. Attraverso il potente mezzo del canto, la fresca Musa li costringe a rivelare i loro sentimenti, avviando un’indagine sulle intricanti trame del pantheon greco, nel fervido tentativo di preservare la sua vita entro il limitato arco di sette giorni concesso.
Oltrepassando la curiosa deviazione dalle normali convenzioni di un processo razionale, le premesse non si distinguono certo per la loro originalità; in aggiunta, la scrittura inciampa in alcune ingenuità eccessive. Sin dall’inizio dell’avventura, ci siamo trovati a scoprire l’identità del colpevole reale con sorprendente ovvietà, e ciò non tiene conto del fatto che vengono spesso trattenute in modo alquanto conveniente informazioni cruciali a vantaggio di Grace. Questa pratica risulta particolarmente esagerata, soprattutto considerando che non vi è alcuna ragione sensata per nascondere tali dettagli a chi ne è in possesso.
Oltre a ciò, si verificano vere e proprie contraddizioni. Un esempio evidente è quando una delle divinità, all’inizio dell’avventura, sembra decisa a condannare Grace per omicidio, ma in un incontro successivo si dimostra persino scettica nei confronti delle premesse che dovrebbero sostenere questa supposta consapevolezza di Grace, definendole addirittura “assurde”. In sintesi, emergono incongruenze che mettono in dubbio la coerenza del racconto, nonostante Stray Gods si basi fondamentalmente su un misterioso omicidio di natura piuttosto convenzionale.
Riguardo al variegato insieme di personaggi, si riscontra una variazione di successo tra storie ben concepite (come quella di Afrodite) e idee meno persuasive, con interpretazioni che lasciano perplessi (come nel caso di Apollo/Troy Baker). La trama principale che coinvolge la protagonista, purtroppo, non giunge a compimento nella sua interezza: le avventure di Grace non la guidano lungo un sentiero di trasformazione e sviluppo personale; semmai, rivelano un groviglio confuso in cui la giovane non riesce ad emergere in modo distintivo.
Una sovrabbondanza di linee di dialogo di scarso rilievo non agevola la situazione, risultando superflue e ancor più strane se si tiene conto del limitato periodo di tempo a disposizione di Grace per adattarsi alle nuove dinamiche della sua esistenza e, contemporaneamente, condurre una complessa inchiesta per preservare la sua vita. Tuttavia, emerge con luminosità l’interpretazione brillante dell’amica Freddie (affidata a Janina Gavankar, la quale offre una performance vibrante e convincente), la quale, in più di un’occasione, riesce a eclissare la protagonista stessa.
Il potere della musica
Nel suo ruolo di Musa, Grace possiede il potere di indurre i suoi interlocutori a rivelare i loro sentimenti attraverso la musica. Pertanto, ciò si traduce in una serie di interazioni orchestrate tra i personaggi, accompagnate da esecuzioni canore di alta qualità da parte degli interpreti che danno vita alle variopinte divinità greche. L’aspetto forse più affascinante di Stray Gods: The Roleplaying Musical si manifesta proprio in queste sequenze: le decisioni prese dal giocatore modelleranno gli scambi musicali e influenzeranno il corso degli eventi, che, tuttavia, manterranno una direzione complessiva relativamente stabile. Stray Gods presenta diverse possibili conclusioni, e le stesse canzoni si trasformano a seconda delle scelte fatte dall’utente, con un’elaborazione dinamica delle melodie che rappresenta sia una sfida che un piacere nell’intera esperienza.
Sebbene l’idea sia innegabilmente affascinante, la sua concretizzazione non riesce a brillare pienamente. Solo i brani dotati di una chiara direzione melodica riescono a lasciare un’impronta duratura nell’ascolto (come accade con la memorabile “Lost Girls”). In altre occasioni, invece, il panorama sonoro diventa rapidamente confusionario e, alla fine, tutto fuorché memorabile, mentre la scrittura dei testi appare spesso forzata e sfocata. Un mixaggio audio altalenante sicuramente non aiuta la situazione, sia durante le sequenze musicali (in cui a volte gli strumenti sovrastano completamente la voce o viceversa), sia nei dialoghi, con alcune voci troppo rumorose e altre appena udibili, rendendo necessarie regolazioni continue del volume.
Sono presentate numerose variazioni, spaziando dall’accento cockney di un Minotauro innamorato all’imperiosa tonalità di una Persefone rock. Riguardo all’interazione tra gli aspetti sonori e visivi, gli splendidi disegni in stile fumetto si rivelano efficaci nelle fasi statiche, ma si dimostrano limitati – a causa della mancanza di dinamismo nelle animazioni – nel cogliere appieno l’intensità emotiva degli scambi tra Grace e gli altri personaggi dell’avventura. Le canzoni legate alle possibili relazioni romantiche tra la protagonista e le altre divinità risultano molto gratificanti, poiché si basano sulle scelte specifiche del giocatore nel corso dell’esperienza.
Guai sull’Olimpo
Tuttavia, è evidente lo stato in cui Stray Gods: The Roleplaying Musical giunge su Nintendo Switch. La versione 1.0.2, da noi testata subito prima del rilascio del gioco da parte di Summerfall Studios e nei giorni immediatamente successivi, dimostra la necessità di una revisione accurata del codice di gioco, unitamente a un miglioramento nel rendering dei modelli dei personaggi. Questa situazione risulta alquanto sorprendente, soprattutto considerando che il prodotto non pone un eccessivo stress sull’hardware di Nintendo, presentando un numero limitato di animazioni e una durata complessivamente breve, stimata attorno alle sette ore.
Durante il corso della nostra esperienza di gioco, abbiamo rilevato una serie continua di problemi nella gestione dei modelli dei personaggi principali, spesso caratterizzati da sfocature, a differenza dei fondali che si presentano in uno stato impeccabile. Ancora più preoccupanti sono le difficoltà riscontrate nella progressione dell’avventura, costellata da frequenti crash che ci hanno obbligato a ripetere varie fasi del percorso di Grace. Inoltre, un bug ha impedito completamente l’accesso all’ultima mezz’ora di gioco. Tutto ciò è profondamente deludente, specialmente perché, secondo il nostro punto di vista, Stray Gods avrebbe il potenziale per essere un prodotto eccellente da godere sulla console Nintendo, sia in modalità TV sia in modalità portatile. Per concludere, ci preme segnalare l’assenza di una traduzione in lingua italiana: per apprezzare appieno Stray Gods è necessaria una conoscenza più che discreta della lingua inglese, considerando l’ampio volume di testi e dialoghi presenti.